Helle: un disco contro le comode facciate.
Helle torna in scena con un disco intitolato “Disonore”. Un concept contro l’ipocrisia del vivere quotidiano.
Bellissime sensazioni vintage, eleganza e quel mantecato sapore in bilico tra futuro e passato, tra linee vocali che richiamano un poco all’Italia anni ’60 e l’elettronica che ci porta direttamente nei ghetti di periferia della metropoli di oggi. Il digitale impera nelle tante soluzioni ma questo nuovo disco di Helle dal titolo “Disonore” sa farsi vero in carne e ossa, quasi analogico oserei dire… Retrogusti a parte, si percepisce forte la ricerca di una personalità che forse non ancora trova una sua definizione precisa ma ci sta provando con forza e decisione. Un disco contro la società ipocrita, contro il nostro vivere di maschere, dall’amore ai social network. Liriche da ascoltare, da far proprie… che ognuno coccoli la sua di maschera!!!
Con “Disonore” cerchi una strada che sia decisamente più tua e personale. Sicuramente, dal mio punto di vista, c’è questa prima maturazione e differenza dalle precedenti pubblicazioni. Sei d’accordo? Cos’è cambiato secondo te?
Grazie mille per aver notato il percorso; con Disonore sono diventata me stessa. Vedi, nel 2019 la mia vita ha subito un cambiamento radicale: ho perso per strada alcune persone che consideravo fondamentali e mi sono trovata a girovagare da sola. Non è facile non avere nulla, davvero, ti spinge a muoverti con più fame, con più voglia di giustizia… Non che adesso io possieda molto di più che mere consapevolezze, ad oggi – però sono comunque meglio di nulla.
E questa produzione attuale, quanta contaminazione ha raccolto per strada? A chi deve pagare un tributo?
Sicuramente alla musica anglosassone: la produzione ne risente molto, in fatto di sonorità.
L’elettronica impera. Non pensi che sia anche questa una “maschera” al mestiere del musicista? Non ci sono sbavature, distorsioni, stonature…
Grazie per il complimento – l’ho preso come tale. A dire il vero quando lo riascolto sento moltissime sbavature: credo sia un disco sporchissimo se paragonato alle produzioni pulite che vanno oggi. La musica elettronica ad ogni modo è solo creata con una tecnologia diversa rispetto a quella acustica: entrambe hanno la stessa funzione, ovvero quella di creare armonie e melodie. Se la musica di per sé sia una maschera, non lo credo: magari è più da vedere come una via, una porta, un qualcosa che porta altrove… Non nasconde, conduce.
Nell’ultimo singolo sembra tu voglia mettere in gioco una lirica che abbia due chiavi di lettura: consapevolezza di se o lotta contro una violenza? E forse potrei leggerla in altri mille modi ancora…
Esattamente: consapevolezza di sé (e qua nasce il dolore) e lotta contro la violenza. Ci sono altre chiavi di lettura, c’è il tono menefreghista, quasi spaccone, la lotta interiore, ecc. Raramente scrivo senza dare ad intendere tutt’altro: mi piace così, complicato.
Sensualità, eleganza, femminilità ed eros… anche queste sono maschere vero?
Se qualcuno possiede una “femminilità” innata, naturale, allora non penso sia una maschera. Io nel privato sono femminile quanto un palo della luce a dire il vero, non lo sono molto, perciò si può affermare che la mia sia una maschera, sì.
Non è un caso dunque che, dalla foto di copertina, tutto questo è circondato da un ambiente decisamente abbandonato a se stesso?
Assolutamente, grazie per averlo notato. Ci piaceva – a me e a Fabrizio Romagnoli, il fotografo – l’idea di un forte contrasto. Oggi bisogna sempre avere un aspetto patinato, dire le cose giuste, stare dentro i propri confini: ci crediamo una società libera e aperta ma secondo me c’è ancora molta strada da fare.



