di Vincenzo Sfirro

La sovrapposizione dei due concetti, religione e superstizione, molto simili eppure differenti, è accentuata dal senso stesso delle parole, le quali, anche da un punto di vista etimologico, hanno un significato molto simile.
Per dirla in soldoni, la parola religione può essere interpretata in due modi diversi: dal latino re-lego oppure re-ligo, cioè rileggere, o rilegare. Il religioso, infatti, è quello capace di rileggere e comprendere le cose divine, quelle che stanno al di sopra dell’uomo e, contemporaneamente, è rilegato a queste e a Dio.
La parola superstizione, invece, deriva sempre dal latino ed è composta dalla preposizione super e dal verbo sto e indica, appunto, l’insieme delle pratiche che l’uomo adopera per rapportarsi a ciò che gli sta al di sopra.
Due parole, dunque, che indicano la naturale tensione dell’uomo verso la conoscenza ultraterrena, ma anche due percorsi differenti per poterci arrivare.
Leggere e comprendere la volontà di Dio, infatti, secondo la religione richiede fede e non ha come fine la previsione e soprattutto il controllo degli eventi futuri. Il religioso non entra in confidenza con Dio per chiedergli di intervenire nella sua vita, affinché non possa mai capitargli nulla di male, ma ha fede che col Suo aiuto riuscirà ad affrontare anche gli avvenimenti negativi e difficili.
Le pratiche superstiziose, invece, attingendo a quel patrimonio di conoscenze che stanno al di sopra delle comuni capacità umane, promettono il controllo sugli accadimenti presenti e futuri della vita dell’uomo. Con formulari, riti e pratiche particolari è possibile guarire malattie, prevedere l’esito degli eventi e fare in modo che, persino le disgrazie, possano risolversi in maniera positiva.
La sovrapposizione tra i due piani, quello religioso e quello superstizioso, è dovuta proprio all’unicità del campo d’azione delle due “discipline”, quello soprannaturale, ma cambia il modo di interpretarlo. Quando si vorrebbe sfruttare la volontà di Dio, presumendo di conoscerla, per controllare il desino degli uomini, allora anche la religione diventa superstizione.
Non è però un reato ricercare, studiare e cercare di tramandare, anche sottoforma di espressione artistica, questo grande bagaglio di conoscenze e tradizioni che sta alla base della cultura popolare di molti paesi ancora e che, ormai, son custodite dalla sola memoria degli anziani e, forse, di pochi iniziati.
Non è semplice, infatti, risalire alla conoscenza di questa cultura, poiché i suoi misteri non erano cosa da rivelare a chiunque e, qualora si individuasse una degna o un degno successore cui affidare i poteri magici e le formule per esercitarli, l’iniziazione poteva avvenire solo in determinati giorni dell’anno.
Persino Carlo Levi, quando nella sua opera giunge, finalmente, all’agognato momento della rivelazione delle formule, capaci persino di uccidere una persona e provocarle gravi mali, fu costretto a tacerle, perché legato da un giuramento che sarebbe stato un sacrilegio tradire, oltre che per senso di responsabilità: non sapeva, infatti, se i lettori avrebbero potuto usarle in maniera virtuosa.

Redazione

Inserito dai Redattori di "Vento nuovo". Quotidiano di informazione, cultura, innovazione, economia, arte, fashion, gossip, sport, fondato a Roma nel 2009 ( n. 43/2010)

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