Con il suo saggio “OK BOOMER”, Stefano Durante ci restituisce un ritratto autentico di una generazione che ha provato a cambiare il mondo. Un libro capace di coniugare analisi e ironia, nostalgia e responsabilità, per risvegliare nei lettori – soprattutto giovani – la curiosità per ciò che è stato.

Un caro saluto a te, Stefano. Il titolo “OK BOOMER” è spesso usato come giudizio negativo. Il tuo libro ribalta questo significato?
Non volevo ribaltarlo in senso polemico, ma svuotarlo.
“OK Boomer” è diventato un modo rapido per chiudere una conversazione, per non ascoltare.
Il libro prova a fare l’opposto: riaprire il dialogo.
Non difende una generazione, ma mette in discussione l’idea che si possa liquidare la storia con una battuta. Se c’è un ribaltamento è questo: trasformare uno slogan in una domanda.
Da dove nasce l’esigenza personale di scriverlo proprio ora?
Nasce dal presente.
Viviamo in un tempo che semplifica molto, che divide tutto in categorie rapide: giusto/sbagliato, vecchio/nuovo, buono/cattivo, pollice su/pollice giù.
Ho sentito il bisogno di rallentare e rimettere complessità dove oggi c’è solo giudizio. Tornare alla complessità è fondamentale. Le cose non si spiegano con le canoniche “3 righe” di facebook. Parlare dei Boomer ora significa interrogarsi su come costruiamo le nostre narrazioni collettive, non su come celebriamo il passato. E poi…sì, lo ammetto, ero un po’ stufo di questi giudizi tranchant privi di analisi.
C’è un ricordo “da capsula del tempo” che consideri particolarmente rappresentativo dei Boomer?
Più che un singolo ricordo, direi una sensazione: la convinzione diffusa che le cose potessero davvero cambiare.
Che la musica, le idee, perfino il modo di vestirsi o di parlare potessero avere un peso politico e sociale.
È una sensazione difficile da raccontare oggi, ma molto presente allora: l’idea che il futuro non fosse qualcosa da subire, ma da immaginare. Quindi alla fine direi…il sogno, l’illusione di poter cambiare il mondo.
Qual è, secondo te, il pregiudizio più ingiusto rivolto ai Boomer?
Uno dei pregiudizi più ingiusti è l’idea che i Boomer siano una generazione egoista, interessata solo a se stessa.
È una semplificazione che ignora il fatto che molti diritti, molte libertà e molte conquiste che oggi diamo per scontate nascono proprio da conflitti e battaglie portate avanti da quella generazione.
Un altro pregiudizio molto diffuso è che i Boomer vivano nel passato. In realtà è vero l’opposto: un Boomer non rinuncerebbe mai al presente, alla tecnologia, agli strumenti del mondo contemporaneo.
Semplicemente conosce il passato, lo ha vissuto, e prova a ricordare che senza memoria storica è difficile capire chi siamo e decidere dove vogliamo andare.
I Boomer hanno sbagliato, come tutte le generazioni, ma ridurli a caricatura significa perdere pezzi importanti della nostra storia.
I Boomer nascono generazione innovativa e proiettata al futuro, curiosa. Non riconoscerlo vuol dire non conoscerli. Il libro cerca di raccontarlo.


