Dalla politica alle stalle. L’intervista esclusiva al figlio del fondatore della Lega Nord.
Sono passati undici anni dall’allontanamento dalla politica di Renzo Bossi in seguito agli scandali della Lega Nord, che lo hanno visto coinvolto nell’inchiesta giudiziaria sull’appropriazione indebita dei rimborsi elettorali del partito. Scandali ampiamente narrati dalla cronaca del tempo e amplificati da vari programmi satirici, con racconti tragicomici dal forte impatto mediatico. Non sono mancate, naturalmente, anche le strumentalizzazioni della vicenda da parte dell’opposizione.
Undici lunghi anni sono trascorsi dalla decisione del giovane Bossi di costituire l’azienda agricola Tera Nostra, nei pressi di Varese, e di ripartire da lì, dalla terra – la sua “tera” -. Di dedicarsi ad un lavoro indiscutibilmente faticoso, che richiede notevoli sacrifici e grande umiltà, per cui ci si sveglia molto presto la mattina, ci si sporcano le mani e si patisce il freddo d’inverno e il caldo d’estate.
Proprio lui, figlio del Senatùr, che è cresciuto a “pane e politica”. Lui che fin da piccolo cercò di seguire le orme del padre, <parlando alla gente nei bar>, come lui stesso ama definire il loro modo di far politica. Un padre che stima profondamente, dal quale ha appreso tutte le idee del partito istituito, comprese quelle storiche quali liberismo, indipendentismo, federalismo. Ideologie populiste di una destra euroscettica e “anti-globalizzazione”, legate ad un’identità territoriale così forte da risultare quasi campanilistica. L’adolescenza di Renzo è stata una lunga militanza, una condivisione attiva delle idee politiche sue e di famiglia.
Un’esperienza politica – quella di Renzo Bossi – paragonabile a una “storia d’amore” finita male, di quelle che ti lasciano l’amaro in bocca ma che mai si dimenticano.
I tempi sono cambiati, le tue idee politiche sono rimaste le stesse di allora?
Cambiare la propria fede o i propri valori è quasi impossibile, ma il mondo di oggi è totalmente diverso da quello di all’ora.
Il livello d’incompetenza tecnica di chi è al potere è evidente. Forse perché i professionisti, giovani e preparati, spaventano coloro che ricoprono delle cariche pubbliche senza particolari capacità, conferendo una generle qualità bassa della politica.
Sono molti i politici vincolati più all’idea di mantenere la loro posizione personale anziché a quella di proporre nuove soluzioni per il Paese.
Io coltivo il mio orto, ma i politici di oggi non sono da meno. L’Italia è arrivata al punto di massima attenzione egoistica.
Da più di un decennio ti stai dedicando all’azienda agricola Tera Nostra. Qual è l’insegnamento più prezioso che stai apprendendo dal tuo mestiere?
La Repubblica è fondata sul lavoro e chi ci governa dovrebbe prima di tutto conoscere che cosa sia. Ci si rende conto delle difficoltà del mondo del lavoro solo facendone parte, toccandolo con mano. Io conosco le difficoltà degli artigiani e dei lavoratori in generale.
Ti piacerebbe tornare a fare politica?
La politica, per come io la intendo, non ho mai smesso di farla. Nel mio piccolo, faccio il meglio che posso nel tempo che ho. Il bene della comunità mi è sempre stato a cuore, ma sono molto deluso dal sistema.