Negli anni ’90, anche se in molti non lo ricordano, un giornale satirico esplose con un titolo agrodolce “VIA LO STATO DALLA MAFIA!” immaginando uno striscione portato in corteo dall’ala radicale di Cosa Nostra, quella che per intenderci non avrebbe mai voluto scendere a patti con lo Stato.
La realtà ha superato la finzione quando durante la 23esima manifestazione in ricordo di Paolo Borsellino, il 19 Luglio scorso si è palesato uno striscione con su scritto “Via la mafia dell’antimafia!”. Sono passati in realtà pochi anni da quell’antimafia di professione immaginata da Leonardo Sciascia nel 1987 ma ormai siamo alla frutta, come in una serie TV che capovolge la trama a metà della storia, solo per tirare su l’audience.
La cosa è diventata fastidiosa.
La mafia non compare più sulla scena tramite gesti eclatanti, se non qualche residuo come la latitanza perpetua di Matteo Messina Denaro. Tutta la cronaca sulla carta stampata e dal tubo catodico è occupata dall’antimafia: ci sono comitati antiracket, falsi costruttori coraggiosi, i “cerchi magici”, le inchieste che sonnecchiano, dribblano, carriere troppo rapide e false icone. C’è il rischio che, a breve, possano emergere le “cosche dell’antimafia”. Ci sono presidenti, sindaci e amministratori dichiaratisi antimafiosi che spalleggiano o coprono esponenti di spicco dei clan.
Uno sguardo ai siti, ai giornali e ai sondaggi ci dice che buona parte dei siciliani ritiene che il problema “non sia tanto la mafia, ma la finta antimafia!”, fino a portare un senso di sfiducia e scoramento nei confronti di chi quell’antimafia la fa sul serio e senza tornaconti personali.
E i beni confiscati alle mafie? Quella è un’altra storia…