Di Marco MONTINI
Ha lasciato quell’VIII Municipio, che nemmeno un anno fa lo aveva decretato presidente in occasione delle elezioni comunali di Roma: poi le diatribe interne ai 5 stelle, la messa in discussione della sua giunta municipale da parte di parte della maggioranza grillina, considerata “talebana”. Quindi l’evidenza dei fatti, le dimissioni e la delusione verso il Movimento. Paolo Pace è ormai ex minisindaco e racconta come sono andati i fatti politici che lo hanno costretto a presentare le dimissioni, prima, e a non ritirarle, poi. “Ho sentito il peso di alcune correnti importanti che ci hanno portato dove siamo arrivati. Io ero molto vicino alla sindaca, difendo e rispetto Virginia. Si tratta delle correnti che facevano capo a De Vito e Lombardi, come si sa e si legge sui giornali”. Lo scrive l’Ansa, riferendosi alle parole dell’ex presidente M5s dell’VIII Municipio di Roma, pronunciate in conferenza stampa. “E’ chiaro che si è creato uno zoccolo duro ortodosso che vuole imporre la propria leadership nonostante Virginia si sia imposta come sindaca – ha aggiunto Pace – Credo che la sindaca dopo le vicende degli arresti abbia perso forza, e non ci ha sostenuti in modo adeguato”. Pace snocciola poi altri particolari interessanti: “Il capogruppo capitolino del M5s Paolo Ferrara nel corso di una riunione con i consiglieri municipali ha proposto loro di dimettersi tutti insieme per far cadere il Municipio – ha proseguito Pace – Cio’ mi e’ stato riferito dai consiglieri a me piu’ vicini. Questo e’ successo circa un mese prima delle mie dimissioni. In un’altra occasione i consiglieri ‘talebani’ sono saliti in Campidoglio per chiedere l’azzeramento della mia giunta”. E la sindaca Raggi? “Mi ha chiamato solo l’ultimo dei venti giorni dopo le dimissioni, alle 21:30. Mi ha detto: ‘sai che puoi ritirare le dimissioni entro questa notte?’. Io le ho chiesto quali fossero le novità che potevano portarmi a ritirarle, ma non c’erano”, ha aggiunto l’ex minisindaco. Insomma, fine di un amore con retroscena finale.