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IL PROFUMO DELLA LIBERTA': PAOLO BORSELLINO ED IL CORAGGIO DI UN’IDEA

di Silvia Quaranta (*)

A 18 anni di distanza dalla tragica scomparsa di Paolo Borsellino, Giorgia Meloni, Ministro della Gioventù, promuove la pubblicazione di “Il profumo della libertà”, una raccolta di memorie e testimonianze dedicate alle figure dei giudici Falcone e Borsellino, vittime della mafia. Interamente curato dal Ministero della Gioventù, “Il profumo della libertà” non è un semplice libro, è qualcosa di più. È un meta-libro. Già da oggi è possibile sfogliarlo in versione cartacea, ma anche metaforicamente: lo si può, infatti, scaricare direttamente da Internet all’indirizzo www.ilprofumodellaliberta.it. La versione cibernetica, inoltre, rimane in un certo senso inconclusa, “aperta” ai progressivi arricchimenti che verranno offerti, di volta in volta, dalle testimonianze lasciate dai protagonisti della lotta alla mafia. 

Il volume si compone di due preprefazioni, la prima di Giorgia Meloni e la seconda del Ministro della Giustizia, Angelino Alfano. Prosegue poi con la toccante lettera di Manfredi Borsellino, figlio di Paolo, con l’introduzione del Procuratore Nazionale Antimafia, Piero Grasso, con un’intervista all’ex sindaco di New York, Rudolph Giuliani, e con altre testimonianze di chi ne è stato collega, amico, di chi ne raccoglie l’eredità. “Il profumo della libertà” non è, e nemmeno pretende di essere, un’analisi della mafia come fenomeno, né storica né sociale. Non ripercorre la biografia di Borsellino, ne dipinge piuttosto, attraverso le parole di chi lo ricorda, la statura umana, la straordinaria caratura morale, l’autorevolezza sincera. Il capitolo conclusivo, di Tommaso Virga, s’intitola “Paolo Borsellino: un uomo buono”. Dieci anni fa, sempre parlando di Borsellino, Luciano Costantini utilizzò l’identica espressione, sentenziando che, talvolta, i suoi interlocutori rimanevano insoddisfatti da questa definizione, eppure non sarebbe stato facile trovarne una più appropriata. E questa è, nella sua semplice grandezza, l’immagine di Borsellino che emerge dal libro: il ritratto di un uomo buono, in grado di  “contagiare” chi aveva intorno con la sua passione per la Giustizia e per la Verità, con il suo entusiasmo e con la sua innata insofferenza verso ogni forma di prepotenza e di sopruso. «Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo» riporta il sottotitolo del libro (citando proprio una frase del Magistrato palermitano), e questo sembra l’invito lanciato a tutti i giovani Italiani dal Ministro Meloni che, nel concludere la prefazione, scrive: «c’è un pensiero straordinario usato da Paolo Borsellino, mentre parlava con gli studenti di una scuola, pochi giorni prima di essere ucciso: la lotta alla mafia dev’essere, innanzitutto, un movimento culturale, che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà, che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità».

(*) Studentessa di Lingue all’Università “Sapienza” di Roma, Vicepresidente dell’associazione “La Testata”

CHE BRUTTA PARTENZA UNA NAVE SENZA NOCCHIERO IN GRAN TEMPESTA

di Francesco Pistilli  (*) & Claudio Giorgio

Non si è ancora insediata e la nuova Amministrazione Comunale appare con evidenza come una nave in deriva, agitata già dai venti di tempesta, che l’inesperto nocchiero non riesce a fronteggiare.
L’ultimo Consiglio Comunale si è celebrato grazie alla lealtà e responsabilità della Minoranza verso la Città. La Minoranza ha consentito alla sconquassata Maggioranza, che perde i pezzi assenti dal Consiglio, di poter deliberare i 13 mila euro per l’estate acquavivese. Appena tredici mila da parte di chi non si stancava di criticare il Sindaco Pistilli, che invece sosteneva la cultura acquavivese con maggiore e lungimirante generosità. Ma questa Giunta di Sinistra i soldi deve darli agli avvocati amici, ai quali per una sola udienza si versano 15 mila euro, quando per tre di quelle cause il Sindaco Pistilli aveva speso solo 6 mila euro.

Ma gli amici dei padroni di questa Giunta di Sinistra, che sono al sicuro dietro le quinte, vanno ben foraggiati. Solo il senso di responsabilità della Minoranza ha reso possibile, comunque, l’atto tardivo e tirchio e tuttavia fondamentale, e nonostante ciò, l’arroganza non ha consentito alla Maggioranza di riconoscere con onestà intellettuale questo merito di serietà alla Minoranza. Da ciò si può cogliere il livello di sensibilità politica e civile connoti i membri di questa armata Brancaleone alla deriva della perdita di ogni senso di rispetto verso la Città, soltanto sensibile ed attenta, con le antenne ben tese, ai traffici e maneggi con i poteri dominanti. Una Maggioranza che si è presentata con una relazione striminzita sul rendiconto e insufficiente, con assenza di proposte, capace solo di chiedere il rinvio dell’esame del rendiconto di gestione. Da oltre due mesi non sono ancora in grado di rendere un quadro chiaro della situazione finanziaria del Comune, eppure vi è un Assessore alle Finanze e Vice Sindaco che dovrebbe in materia avere molta competenza. Ma il tempo è passato pensando e battagliando per ben altro. Nessuna solerzia di governo, nessuna intelligenza dei problemi, nessuna documentazione delle situazioni, ma arroganza, arroganza, arroganza. Non c’è da meravigliarsi se i Giovani della Maggioranza avvertano un profondo disagio, che noi rispettiamo. Noi comprendiamo che non è facile sostenere una Amministrazione il cui Sindaco è come il povero Pinocchio insidiato dalla coppia furbastra del Gatto e della Volpe, anzi da una coppia di questi due simpaticissimi animali nel Palazzo ed una coppia fuori dal palazzo, ben disposti dietro le quinte. Auguriamo di cuore ai Giovani dissenzienti di trovare il coraggio di misurarsi con i volponi e di portare fino in fondo il loro dissenso, almeno per garantire alla Città un’Amministrazione che faccia gli interessi della collettività e non quelli dei maneggi che vogliono soffocarla.
Ma chi prenderà il timone della nave alla deriva?

(*) Ex sindaco di Acquaviva 

E’ SEMPRE ROMA-INTER, TOTTI DEFERITO PER LA FRASE: “DUE SCUDETTI RUBATI”

di Andrea Pelagatti (*)

‘Due scudetti rubati’. L’esordio stagionale di martedi’ in conferenza stampa costa a Francesco Totti il primo deferimento del procuratore federale Stefano Palazzi e la ripresa ufficiale del derby anche dialettico con l’Inter in vista, intanto, della prima sfida diretta, che sara’ in Supercoppa il 21 agosto a Milano. La procura federale lo ha deferito oggi infatti ”per aver espresso giudizi e rilievi lesivi del prestigio, della reputazione e della credibilita’ della classe arbitrale, delle istituzioni federali nel loro complesso e di una societa’ operante nell’ambito della Figc”.

Totti ha parlato dei due scudetti contesi con l’Inter (”Da frate – ha detto martedi’ riferendosi al fatto che un frate andato in visita nel ritiro giallorossi aveva detto di sentirsi derubato di due scudetti – allora dico che ci hanno rubato due scudetti”. Anche se poi ha precisato ”Quello dell’ultima stagione lo abbiamo perso noi contro la Samp”), della possibilita’ di applicare la tecnologia in campo per evitare errori clamorosi (”Sarebbe tutto piu’ facile e sarebbe un altro campionato”), e di quelli che secondo lui sono aiuti che vengono dati alle squadra piu’ forti (”Sono piu’ forti ma sono anche tutelate. I fischi degli arbitri per noi? Quelli mancano sempre”). Dopo la dura polemica con Balotelli e il calcione in Coppa Italia quindi si riapre la lunga querelle con i nerazzurri e, in generale, le numerose proteste che gli hanno procurato problemi. Il deferimento odierno viene dopo quelli del 1999, 2005 e 2008 ma Totti nella sua lunghissima carriera da record in fatto di gol e di prestazioni scintillanti ha collezionato anche 13 cartellini rossi rimediati in carriera. Nove in campionato, due in coppa Italia e due in Europa. Anche se tra quella di maggio per Balotelli e l’ultima rimediata prima di questa erano passati tre anni. Per restare ai deferimenti l’esordio per Totti arriva nel 1999. Alla guida della Roma c’era Capello e durante la gara con la Fiorentina del 4 ottobre Totti viene espulso per una reazione alle provocazioni di Heinrich. Uscendo dal campo dice qualcosa al guardalinee e per questo verra’ deferito. Poi nel 2005, a marzo. Il capitano viene deferito per una frase pronunciata dopo un Roma Juventus anticipo al sabato prima di pasqua. ”Difficile giocare in undici contro quattordici”. Per poi arrivare a quella del 2008 comminata per ”avere espresso giudizi tesi a negare la regolarita’ del campionato”. Le parole incriminate in questa occasione erano state rivolte a Rosetti che aveva arbitrato la gara tra Inter e Roma che in quell’anno si contendevano lo scudetto. Il direttore di gara, in quell’occasione (era marzo del 2008), per Totti aveva ”rovinato tutto”, in occasione dell’espulsione di Mexes. ”A San Siro abbiamo giocato meglio noi – ancora le parole del numero 10 – Alla vigila avevo ragione a parlare di aiutone”. La sintesi e’ che il deferimento arrivato oggi e’ per lo stesso motivo dell’ultimo preso visto che Totti martedi’ si riferiva allo scudetto del 2008.

(*) Giornalista sportivo e studente LUISS

MINISTRO DEI BENI E DELLE ATTIVITA’ CULTURALI vs STAMPA

di Pietro Bardoscia

Sandro Bondi, accusa la stampa di puntare solo sui temi scandalistici per delegittimare ”una certa parte politica” e lamenta la scarsa attenzione data negli ultimi giorni, in particolare dai quotidiani di larga tiratura, al suo impegno per ridurre i tagli alla cultura. 
”Non mi aspettavo certamente un ringraziamento o un apprezzamento – sottolinea Bondi in una nota – per aver sostanzialmente scongiurato i tagli alle istituzioni culturali, mantenendo inalterati i finanziamenti alle istituzioni culturali piu’ importanti del nostro Paese, pur in un momento di crisi e dovendo fare i conti con una riduzione degli stanziamenti al ministero di ben 13 milioni di euro in questo solo settore. E’ troppo per un Paese totalmente imbarbarito nella politica e nell’informazione”. 

 ”Cio’ che mi attendevo, tuttavia, era che almeno la stampa potesse informare i propri lettori – sottolinea ancora il ministro – salvaguardando un minimo di obiettivita’ in merito ad una decisione che dimostra almeno buona volonta’ e impegno disinteressato per la cultura, senza alcuna predilezione verso una o l’altra corrente politica”. 
”Anche da questa piccola vicenda, si conferma che la diminuzione dei lettori dei quotidiani in Italia e’ la diretta conseguenza di un’informazione che punta solo su temi che hanno una forte impronta scandalistica, per lo piu’ in chiave politica interna e secondo una chiara finalita’ di delegittimazione di una certa parte politica” 

ZDENEK ZEMAN

di Andrea Pelagatti (*) 


IL GRANDE RITORNO DEL BOEMO:
 

”Come sempre prometto il massimo impegno e tanto lavoro. Poi i risultati vengono se facciamo bene e giochiamo bene. Se divertiamo il nostro pubblico”. 
Visibilmente emozionato Zdenek Zeman, 16 anni dopo sulla panchina del Foggia (Prima divisione), dopo essere stato travolto dall’entusiasmo dei tifosi, ha rilasciato stasera la prime parole alla presentazione del progetto di Zemanlandia due.
”Il dover iniziare la preparazione con qualche giorno di ritardo – ha aggiunto – ci penalizza un pochettino percio’ dobbiamo fare di piu’ e piu’ in fretta degli altri”.

”Sono rimasto piacevolmente impressionato ed emozionato quando ho visto tutta questa gente – ha detto il boemo – non ho mai visto niente di simile in vita mia. Anche per questo lavoreremo sodo per riportare il Foggia ai livelli che gli compete”.

(*) Giornalista sportivo e studente LUISS

UN OPERATORE ECOLOGICO VALE MOLTO DI PIU’ RISPETTO AD UN BANCHIERE

di Emanuela Maria Maritato (*)

Il valore economico di un’ora di lavoro di un addetto alle pulizie vale molto di più di quella di un banchiere. Lo dice uno studio della New economics foundation (Nef), gruppo di economisti noto per aver convinto il G7 e il G8 a prendere in considerazione l’idea del “debito internazionale”.
In sterline (o in euro, a seconda), ogni lavoro può  produrre benefici oppure causare danni o perdite.
Gli studiosi del Nef hanno scelto una metodologia originale, mettendo a confronto tre professioni a remunerazione elevata contro tre pagati poco: da un lato un addetto alle pulizie in un ospedale, un operaio di un centro di recupero di materiali riciclabili e un operatore dell’infanzia. Dall’altro un banchiere della City, un consulente fiscale e un dirigente pubblicitario.

Un’ora di lavoro di addetto alle pulizie in ospedale, ad esempio, crea dieci sterline di profitto per ogni  sterlina di salario. Al contrario, per ogni sterlina guadagnata da un banchiere, ce ne sono sette perdute dalla comunità. Questo in termini monetari. Ma se si pensa al livello pratico delle loro funzioni, non ci vuole molto a venire alla conclusione che un maestro dell’asilo risulta più utile ed essenziale di un dirigente pubblicitario.
«Abbiamo scelto un nuovo approccio – spiega il Nef nell’introduzione dell ostudio – andando oltre la considerazione di quanto una professione viene valutata economicamente».

(*) Giornalista Freelance e Direttore del Gruppo editoriale Maritato

UN OPERATORE ECOLOGICO VALE MOLTO DI PIU’ RISPETTO AD UN BANCHIERE

di Emanuela Maria Maritato (*)

Il valore economico di un’ora di lavoro di un addetto alle pulizie vale molto di più di quella di un banchiere. Lo dice uno studio della New economics foundation (Nef), gruppo di economisti noto per aver convinto il G7 e il G8 a prendere in considerazione l’idea del “debito internazionale”.
In sterline (o in euro, a seconda), ogni lavoro può  produrre benefici oppure causare danni o perdite.
Gli studiosi del Nef hanno scelto una metodologia originale, mettendo a confronto tre professioni a remunerazione elevata contro tre pagati poco: da un lato un addetto alle pulizie in un ospedale, un operaio di un centro di recupero di materiali riciclabili e un operatore dell’infanzia. Dall’altro un banchiere della City, un consulente fiscale e un dirigente pubblicitario.

Un’ora di lavoro di addetto alle pulizie in ospedale, ad esempio, crea dieci sterline di profitto per ogni  sterlina di salario. Al contrario, per ogni sterlina guadagnata da un banchiere, ce ne sono sette perdute dalla comunità. Questo in termini monetari. Ma se si pensa al livello pratico delle loro funzioni, non ci vuole molto a venire alla conclusione che un maestro dell’asilo risulta più utile ed essenziale di un dirigente pubblicitario.
«Abbiamo scelto un nuovo approccio – spiega il Nef nell’introduzione dell ostudio – andando oltre la considerazione di quanto una professione viene valutata economicamente».

(*) Giornalista Freelance e Direttore del Gruppo editoriale Maritato

HELP ANORESSIA, DA OGGI BASTA UN CLICK

di Silvia Quaranta (*)

Un’azione veloce e sistematica contro i disturbi della alimentazione: è quella messa in campo dal Ministero della Salute e dal Ministero della Gioventù, con la collaborazione del Centro disturbi del comportamento alimentare della Regione Umbria e dell’ dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. Il ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, e il sottosegretario alla Salute, On.Francesca Martini, hanno presentato la nascita del primo sito web istituzionale (www.disturbialimentarionline.gov.it) che si ripropone di andare incontro sia a chi soffre di questi disturbi sia, soprattutto, ai loro familiari, costretti a confrontarsi con un problema di delicatissima e difficile gestione. Il ministro Meloni e il sottosegretario Martini hanno illustrato la funzione del sito, il quale fornirà la prima mappatura completa dei Centri per il trattamento dei disturbi del comportamento alimentare in Italia, oltre che i risultati raccolti, in un anno di lavoro, dagli sportelli on-line (un supporto per i giovanissimi affetti da anoressia e bulimia).

“La mappa – si legge nel sito –  permette la consultazione di tutte le informazioni disponibili e la ricerca secondo differenti criteri (per Regione e Provincia, per livello di trattamento, per tipologia di servizio). Include anche le Associazioni che perseguono finalità legate alla prevenzione, allo studio e alla ricerca nell’ambito dei Disturbi del Comportamento Alimentare.

«Abbiamo fatto il punto – ha spiegato il ministro Meloni – sulle iniziative che da diverso tempo portiamo avanti sui disturbi dell’alimentazione. Forse molti non sanno che il problema non riguarda una nicchia della società. Secondo le ultime stime i giovani affetti sono circa due milioni, ma i numeri aumentano tra i maschi e i 40enni. Noi abbiamo cercato di offrire delle risposte. Su internet – ha proseguito – nel corso degli anni si sono moltiplicati i siti che inneggiano all’anoressia e alla bulimia. Si sono costituite delle comunità, e oggi il rischio è quello di creare una solidarietà che rafforza la convinzione che quello che si sta facendo sia giusto. Per questo abbiamo mappato per la prima volta tutti i centri che si occupano di disturbi alimentari. Volevamo dare finalmente un riferimento istituzionale». 

(*) Studentessa di Lingue all’Università “Sapienza” di Roma, Vicepresidente dell’associazione “La Testata”

LA PROVOCAZIONE E IL PENSIERO

di Marco Rinaudo

 “ESISTONO MOLTE FORME DI TERRORISMO

Ogni giorno ascoltiamo, leggiamo, vediamo nelle varie forme mediatiche “Giornali – radio e Televisioni”, spesso scene raccapriccianti, orribili e drammatiche, che, sconvolgono l’animo di ogni essere umano. Ogni giorno apprendiamo di fatti e misfatti, frutto di menti malate, o di menti reazionarie avversi ai vari sistemi politici costituiti nello Stato. Menti ed uomini che seminano  il terrore nelle popolazioni; non è lontano il tempo delle B.R. (Brigate Rosse) e, quello dei NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari), di diversa matrice ed estrazione ideologica che furono causa di lacrime, dolore e lutti, che insanguinarono e lacerarono la nostra Nazione negli anni cosidetti di piombo 70/80 culminati con l’uccisione dell’allora presidente del Consiglio On. ALDO MORO e della sua scorta. Non sono nemmeno tanto lontani i nefandi delitti di grandi  magistrati come FALCONE e BORSELLINO ad opera questa volta di gruppi Mafiosi.

Ancor oggi assistiamo impotenti a vecchi ed atavici atti di terrorismo di massa che sconvolgono il mondo intero vedasi: il conflitto tra Istraeliani e Palestinesi, ed ancora la guerra tra l’India ed il Pakistan, la guerra in Iraq, le lotte dei separatisti baschi in Francia, dell’Ira in Irlanda fino ad arrivare all’aberrante strage delle Torri gemelle di NEW YORK ad opera forse dei seguaci di Bin Laden, che causo’ migliaia di morti innocenti innescando la miccia della reazione degli Stati Uniti. Reazione che diventa poi anch’essa atto terroristico, rivolta in un primo momento a reprimere i gruppi terroristici fautori della strage, ed in un secondo tempo colpendo con bombe e missili anche intere ed inermi popolazioni che, nulla hanno a che fare con il terrorismo e che si trovano inconsapevolmente coinvolte in una spirale di violenza, sofferenza, fame e morte. Ma oltre a questi nefandi e deplorevoli atti di terrorismo che oltraggiano ed offendono la vita e l’intelligenza dell’intera umanità, l’uomo, le comunità subiscono altre forme di terrorismo, un terrorismo piu’ sottile che  non causa stragi e morti, ma che parimenti provoca nell’essere umano che subisce, “FRUSTRAZIONI” che, sono causa di malessere, con conseguenze devastanti, come malattie, ansie, nevrosi, paure ed altre malattie varie con perdita di innumerevoli perdite di tempo ed ore lavorative.
Vi sono a nostro avviso dunque due forme di terrorismo, quello violento dei criminali organizzati e quello non violento ma altrettanto drammatico e grave delle burocrazie statali. In questo nostro articolo vogliamo focalizzare l’attenzione dei nostri lettori citando appunto il terrorismo psicologico, che colpisce tutte le genti e tutti i popoli. Un terrorismo silente, che molti stati, compreso ovviamente anche il nostro, spesso ricorrono  attraverso gli strumenti burocratici, a cui i grandi media non dedicano titoli da prima pagina, ma un semplice trafiletto scritto nelle pagine di cronaca da un anonimo giovane giornalista. Questo stato di fatto come si puo’ chiamare? se non terrorismo psicologico? E’ infatti un sottile filo psicologico contrariamente a quello  di natura criminale, che viene attuato e perpetrato dalle burocrazie statali. Esso non è frutto di menti malate, ma è opera di cervelli sani, capaci di costruire ed elaborare subdoli ed incomprensibili meccanismi, che possono terrorizzare comunque i cittadini: basta un semplice foglio di carta di un qualsiasi Ente, ci riferiamo chiaramente alle “CARTELLE PAZZE” inviate da moltissimi enti Statali e Parastatali (uffici delle entrate, esattoria Comunale, GERIT, ed Enti tributari in genere). Cartelle  in cui a volte vengono notificate severe sanzioni amministrative per l’inesatta compilazione dei questionari e modelli. Questionari che per poterli compilare occorre un consulente (Ragioniere- Commercialista- Avvocato) o un grande esperto. I cittadini che erroneamente sbagliano vengono quindi minacciati di severe sanzioni. ( sappiamo già che vi sono furbi e furbetti, ma non è la maggioranza dei cittadini) Si pensi per un attimo a persone anziane che non  sono in grado di compilare i questionari e/o modelli, o  persone che non hanno la possibilità  economiche  per farsi assistere da un consulente, da un professionista capace di comprendere i macchiavellici dati burocratici. Si pensi (e sono  i piu’) a persone con una mediocre cultura che si arrangiano compilando i modelli e che poi vedono arrivare nelle loro case fior fior di cartelle esattoriali triplicate, da multe ed interessi con cifre da capogiro, non è forse anche questo un atto TERRORISTICO?
Il terrorismo non è solo quello dei CECENI al teatro di MOSCA, o di OSAMA BIN LADEN.
Il terrorismo puo’ dunque essere anche quello di natura burocratica e fiscale. Si pensi ancora ad un automobilista che perde per cause accidentali una delle targhe della sua auto,  basta un empio ed iniquo cavillo del codice della strada per punirlo è fargli pagare multe onerose con possibile fermo del suo automezzo, non è questo un atto terrorizzante?. Si pensi ancora alla prostrazione di una qualsiasi famiglia con sfratto esecutivo, che attende l’incolpevole ufficiale giudiziario (che applica le norme delle leggi dello stato) per notificare lo sfratto, come puo’ vivere questa famiglia l’arrivo del succitato personaggio? Sicuramente con ansia, con paura, con terrore.
Questo è appunto cio’ che intendiamo definire terrorismo psicologico. In questo nostro bel paese vi sono migliai di leggi, addirittura del 1925/30/35 Regii Decreti Legge che dovrebbero essere annullati con l’entrata in Italia della Nuova carta Costituzionale del 1947/48 ma che sono invece ancora in vigore, come il Codice Rocco (di  triste memoria) Vi sono leggi che neppure  gli avvocati e i magistrati conoscono (che ci ricordano le grida del MANZONI).
Vincenzo Cuoco famoso giurista ed economista nato nel 1770 a Civitacampomarano nel Molise, uno dei piu’ grandi pensatori meridionali che fu  insegnante  del Foscolo e del Manzoni, nel suo libro “IL PLATONE in ITALIA” dice: “Un popolo a cui i governi invece di educare al rispetto delle norme e delle regole i propri cittadini, minacciano ed impongono per qualsiasi atto amministrativo errato sanzioni pecunarie, questo popolo non puo’ definirsi un popolo libero  e democratico, ma si deve definire un popolo immaturo e prevaricato burocraticamente, al di là di ogni e qualsiasi colore politico dei suoi governanti “continua: ” Un popolo che vive nel terrore di sbagliare è inevitabile che sbagli. Il genere Umano ha sempre subito fin dai tempi remoti atti di terrorismo. Lotte, guerre e prevaricazioni sono da sempre esistite, anche se non possono essere giustificati.
La matrice fonte di tutti questi aberranti forme terroristiche riteniamo sia insita nel D.N.A. che l’uomo ha in sè fin dalla nascita, che genera quindi egoismi, odi, invidie, sorprusi, prevaricazioni e conflitti, il cui fine ultimo è il terrore nelle sue due forme il CRIMINALE e lo PSICOLOGICO.
Un esempio per tutti, è la leggenda di CAINO ed ABELE.

(*) Giornalista Feelance

SHOPPING ON LINE? QUALI SONO I RISCHI DELLA RETE?

di Emanuela Maria Maritato (*)
 

Praticità, risparmio in molti casi e velocità.
Queste  sono alcune delle molte facce positive dello shopping on line, un fenomeno in grande crescita soprattutto nella stagione dei regali. Il web consente, infatti, di dar vita ad una caccia grossa al regalo di Natale, con un notevole risparmio anche di soldi grazie agli affari last minute che affollano la rete. Basti pensare che nel 2008 gli acquisti su Internet hanno superato i 6 miliardi di euro, in aumento di oltre il 20% rispetto all’anno precedente. Ovviamente le compere on line vanno a braccetto con le carte di credito.

Ma ecco un utile vademecum di Adiconsum per evitare brutte soprese:

– fare in modo di sapere chi è il venditore
– controllare cosa si sta effettivamente comprando
– controllare il prezzo
– controllare date di consegna e costi in caso di annullamento dell’ordine
– verificare l’esistenza della garanzia
– conservare ricevute e altri documenti d’acquisto
– proteggere adeguatamente i propri dati personali.
– attenzione particolare alle modalità di pagamento. 
– controllare sempre di essere su un sito protetto quando digitiamo i dettagli della carta.
La sicurezza dell’operazione è garantita dalla presenza di un lucchetto vicino all’indirizzo web. 

(*) Giornalista Freelance e Direttore del Gruppo editoriale Maritato

SHOPPING ON LINE? QUALI SONO I RISCHI DELLA RETE?

di Emanuela Maria Maritato (*)
 

Praticità, risparmio in molti casi e velocità.
Queste  sono alcune delle molte facce positive dello shopping on line, un fenomeno in grande crescita soprattutto nella stagione dei regali. Il web consente, infatti, di dar vita ad una caccia grossa al regalo di Natale, con un notevole risparmio anche di soldi grazie agli affari last minute che affollano la rete. Basti pensare che nel 2008 gli acquisti su Internet hanno superato i 6 miliardi di euro, in aumento di oltre il 20% rispetto all’anno precedente. Ovviamente le compere on line vanno a braccetto con le carte di credito.

Ma ecco un utile vademecum di Adiconsum per evitare brutte soprese:

– fare in modo di sapere chi è il venditore
– controllare cosa si sta effettivamente comprando
– controllare il prezzo
– controllare date di consegna e costi in caso di annullamento dell’ordine
– verificare l’esistenza della garanzia
– conservare ricevute e altri documenti d’acquisto
– proteggere adeguatamente i propri dati personali.
– attenzione particolare alle modalità di pagamento. 
– controllare sempre di essere su un sito protetto quando digitiamo i dettagli della carta.
La sicurezza dell’operazione è garantita dalla presenza di un lucchetto vicino all’indirizzo web. 

(*) Giornalista Freelance e Direttore del Gruppo editoriale Maritato

PAOLO BORSELLINO

di Silvia Quaranta (*)

Forse era una giornata afosa come queste, quella in cui perse la vita Paolo Borsellino.

Era il Luglio del 1992.

Molti degli studenti, molti dei ragazzi, molti delle “agende rosse” (come quella di Borsellino, scomparsa e mai più  ritrovata dopo l’esplosione) che in questi giorni hanno sfilato per le vie di Palermo, all’epoca dei fatti erano bambini o poco più. Certamente molti di loro non hanno memoria diretta dei fatti, non hanno memoria dei giornali, dei tg, delle voci del tempo. Eppure continuano a ricordarlo come un’eroe nazionale. Eppure le sue parole riecheggiano fra moltissimi siciliani, in molti le hanno fatte proprie e forse nemmeno lo sanno. Sono tanti coloro che, di fronte alla domanda “perchè non te ne vai?” rispondono che quella è la loro terra. Malata e sofferente, ma è la loro terra. E se chi ha la volontà di cambiarla la abbandona, nulla potrà mai migliorare.

A diciotto anni di distanza dalla strage di via D’Amelio, Palermo ricorda la scomparsa di un uomo che ha lasciato questo mondo sentendo il peso di una sconfitta, e che l’Italia ha eletto eroe nazionale. La manifestazione è durata tre giorni. Sono stati organizzati una serie di eventi, tra i quali una conferenza presso la Facoltà di Giurisprudenza, , la proiezione de film “19 Luglio 1992: una strage di Stato” ed infine, ieri sera, un presidio in via D’Amelio. 

Ieri sera Palermo è stata illuminata dalle luci di una miriade di fiaccole che hanno attraversato la città: persone di destra e di sinistra, giovani e anziani, tutti ad onorare la memoria del più giovane magistrato d’Italia, tutti a mantenere vive le sue parole nel momento in cui invitava a non lasciar cadere il silenzio sulla mafia, nel momento in cui diceva “parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali.

L’ultimo saluto, al termine di un corteo diretto all’albero cresciuto davanti alla casa del magistrato, è stato riservato al fratello Salvatore Borsellino, punto di riferimento di un vasto gruppo di attivisti antimafia. Borsellino se n’è andato consapevole che la sua ora era stata decisa, e che sarebbe arrivata, perchè la mafia non perdona. Lo dichiarò in un’intervista, due mesi prima di morire, e lo fece con parole che, tutt’oggi, restano un monito ed un supremo esempio per la Nazione: “Ho sempre accettato la condizione, le conseguenze del lavoro che faccio, del luogo dove lo faccio e, vorrei dire, anche di come lo faccio. Lo accetto perché ho scelto, ad un certo punto della mia vita, di farlo e potrei dire che sapevo fin dall’inizio che dovevo correre questi pericoli. La sensazione di essere un sopravvissuto e di trovarmi, come viene ritenuto, in estremo pericolo, è una sensazione che non si disgiunge dal fatto che io credo ancora profondamente nel lavoro che faccio, so che è necessario che lo faccia, so che è necessario che lo facciano tanti altri assieme a me. E so anche che tutti noi abbiamo il dovere morale di continuarlo a fare, senza lasciarci condizionare dalla sensazione, o financo, vorrei dire, dalla certezza, che tutto questo può costarci caro”.

(*) Studentessa di Lingue all’Università “Sapienza” di Roma, Vicepresidente dell’associazione “La Testata”

VIETATO VELO IN SIRIA

di Michel Emi Maritato (*)

“A partire da subito gli studenti universitari non potranno più indossare il velo integrale negli istituti di educazione superiore, pena l’espulsione”.

Una decisione del genere avrebbe certamente sollevato polveroni di non poco conto se fosse stata presa in stati quali Italia o Francia. Basti pensare a ciò che sta accadendo oltralpe per il tentativo di bandire il burqa dai luoghi pubblici. Non si tratta però questa volta di una notizia che viene dall’Europa o dal mondo occidentale, bensì dal centro di quello arabo: dalla Siria. Domenica mattina infatti il ministro per l’educazione di Damasco ha dichiarato all’agenzia di stampa Syria News che il niqab non potrà più entrare nelle università.

 Ali Saad avrebbe infatti ricevuto numerose lamentele da parte di genitori che non desiderano che i loro figli studino in un ambiente dove regna l’estremismo religioso, lamentele più forti specialmente nelle università private. Di concerto con i rettori degli istituti del Paese, che l’esponente del governo ha incontrato merc ledì scorso, sarebbe stata dunque definita questa soluzione, agli occhi di molti drastica. Intanto provvedimenti assimilabili erano già stati presi nel mese di giugno, quando circa 1.200 insegnanti che portano il velo integrale islamico erano stati allontanati dal settore educativo, per essere trasferiti in quello per l’amministrazione locale.
Il ministro ha quindi cercato di giustificare il decreto spiegando che il portare il niqab va contro i valori e le tradizioni delle università del paese. Non è bastato questo per placare le polemiche. Abdel-Karim, presidente della Lega siriana per la difesa dei diritti dell’uomo, fa parte di chi ha palesato dei dubbi, specialmente in merito alla decisione, quella sull’allontanamento degli insegnanti. La giustificazione ufficiale è infatti per di “abusi”, senza però una specifica della tipologia di questi.
Non si tratta d’altronde di una prima assoluta nel mondo arabo: già nel 2009 in Egitto tre importanti università del paese avevano adottato decisioni simili. Anche allora il motivo sostanziale era di cercare di contrastare il fondamentalismo islamico.

(*) Studio Maritato
Viale Castrense 31-32
00182 Roma.
tel.0645421734.
www.studiomaritato.it 

NUOVA VITA AI TG: UN GIORNALISTA ABITUATO A RACCONTARE LE NOTIZIE

di Stefania Paradiso*

Per Enrico Mentana, diciannove anni dopo la nascita del Tg 5, è arrivato un nuovo debutto. E’ approdato alla conduzione del Tg di La 7 e ha subito fatto record d’ascolti. Enrico Mentana piace a molti per il modo che ha di fare giornalismo. Egli seleziona, racconta e parla dei fatti in modo naturale e quasi impersonale.

Arrivato alla conduzione del Tg, lo share s’impenna. Lo studio e la grafica sono rinnovati, altri cambiamenti arriveranno, ma quella che è diversa è, soprattutto, la forma data alle notizie. Il ritmo è il suo, solito, incalzante. I servizi sono approfonditi, fatto di non poca importanza, le opinioni di Filippo Facci e Marco Travaglio.

Enrico Mentana fa, come era già accaduto a Mediaset, la differenza: propone sempre notizie, belle o brutte che siano, ma lo fa con il suo stile di racconto. Ripropone i fatti cercando di farlo in presa diretta.

Oltre a riportare le notizie, cerca di condurre ed orientare gli individui nel labirinto di ciò che accade.

L’arrivo del giornalista fa riflettere innanzitutto sui dati: il primo consiste nel dato puramente numerico di spettatori che è andato progressivamente aumentando. Il secondo riguarda la qualità dell’ascolto. Da un pubblico prevalentemente anziano o, comunque, adulto è riuscito ad attrarre un pubblico giovane; obiettivo importante se si considera che i giovani prediligono l’informazione sul web e sempre meno quella attraverso la televisione e la carta stampata. L’attenzione mediatica data poi all’arrivo del giornalista alla Rete ha fatto sì che si prestasse “ascolto” anche agli altri programmi di approfondimento e alle altre edizioni del Tg stesso.

Per dare nuova linfa alle notizie date dai Tg doveva rientrare in video un giornalista che sognatore non è. Enrico Mentana odia fare la vittima, non denuncia nessuno, non organizza piazze mediatiche, si dichiara politicamente agnostico; eppure il suo arrivo al Tg di La7 annuncia una rivoluzione e nuovi record di ascolti. Gli ascolti di pochi giorni non vanno presi, ovviamente, come dati assoluti, ma solo come il fatto di avere una scelta in più nell’enorme offerta informativa già offerti dalla tv, dal web e dalla carta stampata. Anche sul profilo dei telespettatori, il giornalista ha le idee molto chiare: «Sono contento che sia un bel pubblico. Ma io considero gli spettatori tutti uguali. Il mio Tg deve piacere al nonno e al nipote, al negro e al bianco, al leghista e al siciliano».

Se tutto questo clamore fu quasi assente quando Mentana lasciò la conduzione di Matrix, su canale 5, dopo che la produzione aveva deciso di non mandare in onda la puntata sul caso di Eluana Englaro, nel giorno della sua morte, a cosa è dovuto ora tanta attenzione? C’è qualche novità?

Il professor Mario Morcellini, preside della facoltà di Scienze della Comunicazione della Sapienza di Roma, analizza le ragioni del successo del Tg di Mentana. «Non c’è nessuna innovazione nella produzione delle news. C’è stanchezza del pubblico. È vero che si può dire che il disagio riguardi tutta la tv generalista, ma in passato il giornalismo e le news erano sottratte alla crisi di pubblico, mentre stavolta il disincanto nei confronti dell’immobilismo e della ritualità dell’offerta televisiva di notizie finisce per coinvolgere frontalmente proprio il pubblico dei Tg. Mentana ha diritto a una sua quota di appeal ma è vero che in larga misura il suo successo è costruito dalla insipienza degli altri. La questione della composizione del pubblico di Mentana fa emergere più nettamente le sue doti comunicative e la capacità di analisi dei bisogni di chi lo segue. Del resto, chi ha un po’ di memoria, rammenta come nella sua prima performance innovativa (passando a Fininvest il 13 gennaio 1992) il pubblico che egli conquistò era composto di tre segmenti non equivalenti ma non meno interessanti. Uno strappato al Tg direttamente concorrente (la quota più vistosa), uno racimolato da tanti pubblici di Tg in onda in orari diversi, e infine una interessante seppur non eclatante porzione di soggetti che fino ad allora erano stati assolutamente estranei ai Tg e alle news televisive».

Senza nulla togliere alle analisi sociologiche, di audience e di pubblico, in realtà Enrico Mentana piace a molti per il modo che ha di fare giornalismo. Egli seleziona, racconta e parla dei fatti in modo naturale e quasi impersonale. Ma in quel finto impersonale nasconde le domande del cittadino comune, con termini forse meno consueti e, a volte, meno usati o semplici, ma pur sempre comprensibili e utili nell’orientamento.

Resta sempre poi al telespettatore, lettore, internauta, ascoltatore la volontà di approfondire, capire e scegliere in che modo orientarsi tra le tante informazioni che gli arrivano, selezionando ciò che ritiene vero e consono al suo pensiero e modo di essere.

INTERCETTAZIONI E PUBBLICAZIONI: RIFLESSIONI

di Mario Codella

Nell’opinione pubblica in questi giorni sembra albergare un po’ di confusione a proposito delle intercettazioni e della loro pubblicazione. I maligni dicono che questa confusione è stata volutamente indotta. Per cercare di capire qualcosa, come al solito, non resta che ragionare con la “nostra” testa.
Intercettazioni e libertà di stampa sono due cose completamente diverse: in una Nazione come la nostra ad alto tasso di criminalità, le intercettazioni sono necessarie e le strutture investigative devono assolutamente usarle insieme ad altri mezzi più o meno elettronici che sono a disposizione. La vita privata è oramai una utopia: ogni movimento finanziario, ogni acquisto, ogni azione che un libero cittadino fa è monitorata, catalogata ed esaminata.

Lo Stato ed il mondo commerciale sanno tanto, ma proprio tanto, su ognuno di noi: questo è brutto? è bello? Non ha importanza visto che è cosi! Quindi che intercettino quello che vogliono: abbiamo tutti già da tempo barattato la nostra privacy per avere un po’ di giustizia e di sicurezza in più.
Completamente diverso è il ragionamento sulla pubblicazione delle notizie durante le indagini e prima del processo. Ci dicono che permettere ciò significa libertà di informazione, ma è proprio vero questo? Non sono forse gli organi investigativi e giudiziari a stabilire quali sono davvero i fatti? E il giornalista non è tenuto, in piena libertà, a pubblicare solo i fatti e, ben distinta, l’opinione propria o altrui su di essi?
In molte Nazioni (come Germania, Spagna, Regno Unito, Stati Uniti) le intercettazioni (che non è detto corrispondano a fatti) non vengono pubblicate mai; in Italia è sempre stato vietato dagli articoli 114, 239, 684 del Codice che nessuno ha mai rispettato, pronto nel peggiore dei casi a pagare una multa di 130euro.
Nel pubblicare parte o riassunto di una intercettazione senza che l’indagine abbia prodotto prove giudicate serie dalla magistratura, si corre il rischio di infangare innocenti, di distruggere le realtà sociale delle persone, di cercare di ricattare e condizionare chi nella politica, nella finanza, nel commercio, nella cultura ha un incarico importante.
Senza regole precise dare via libera alla maldicenza può essere drammatico per tutti noi. Il dovere di un giornalista non è forse quello di pubblicare notizie vere su fatti accertati? Certo che bisogna scrivere anche le proprie opinioni, ma per correttezza verso il lettore non è forse professionale precisare con chiarezza quali sono i fatti e quali le opinioni? Perché allora capita spesso che le opinioni siano presentate come indiscutibili fatti?
Noi lettori non abbiamo forse il diritto di informazione corretta e responsabile? Perché a volte siamo trattati senza alcun riguardo come teste vuote, acritiche e ignoranti?
Il giornalista di cui tutti noi abbiamo bisogno è colui che ci informa con chiarezza, con pulizia, con onestà dei fatti e che sappia farli distinguere nettamente dalle opinioni.
Il giornalista fa un lavoro meraviglioso ma non dovrebbe mai dimenticare che svolge un lavoro pubblico! Con precise responsabilità di correttezza verso il suo datore di lavoro: il lettore.