di Francesco Bruni (*)
L’approvazione, da parte del Governo italiano il 9 luglio 2009 del Disegno di Legge “Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia”, pone le basi per una seria riflessione sul problema energetico mondiale, in quanto l’85 % dell’energia attualmente consumata nel mondo ?prodotta da combustibili fossili.
E ci porta con sdue evidenti problemi.
Da un lato un problema legato all’approvigiomento. Si prevede che entro il 2020 ci sar?un picco di consumo di materiali fossili con la conseguente diminuizione della quantit?degli stessi di modo tale che potranno essere utilizzati per un periodo decisamente minore, conducendo pertanto ad una mancata produzione di energia qualora il combustibile si esaurisse.
Dall’altro un problema legato alla questione ambientale. Se è vero che i combustibili fossili sulla scala economica di tutte le materie prime legate alla produzione di energia costano relativamente poco, dall’altro inquinano molto. La loro lavorazione comporta eccessive emissioni di CO2, diossido, responsabile, assieme ad altro, dell’inquinamento atmosferico.
Riuscire a trovare, dunque, fonti di energia che non producano gas letali per l’atmosfera e la nostra salute e che abbiano un rendimento paragonabile a quelle che utilizzano combustibili fossili è tutt’altro che banale. L’impresa èmolto ardua e come ha ripetuto l’ing. Colonna nel corso di una conferenza sulle energie alternative presso il “Dipartimento Interateneo di Fisica” dell’Università degli Studi di Bari, probabilmente servir?la cooperazione di moti tipi di fonti alternative per fronteggiare il problema. Chi ripone una fiducia spropositata solo nel fotovoltaico o solo nell’eolico, probabilmente sta sbagliando.
Per quanto le tecnologie sopra citate siano ottime per quanto riguarda la mancata produzione di anidride carbonica o altri solfati dannosi per l’atmosfera, non rappresentano una soluzione concreta al problema energia. O almeno non al punto in cui sono oggi. Anche se si pensa al fotovoltaico “termodinamico”, decisamente meno conosciuto rispetto a quello “solare”, non si pu?non escludere un piano di ritorno al nucleare.
Ma sia chiaro sin dal principio. Non si parla del nucleare che possiamo trovare adesso nelle attuali centrali dislocate nel territorio francese. Ma di un nucleare decisamente differente, più tecnologico, che pone una soluzione a problemi che adesso rappresentano uno scoglio insormontabile. Sono i cosiddetti “reattori di quarta generazione”, cioè reattori costruiti secondo metodiche differenti da quelle esistenti. Metodiche che dovranno trovare espressione concreta entro il 2030, quando terminer?la licenza per gli impianti che adesso producono energia.
Certo, spiegare in dettaglio come funziona una centrale nucleare non è affar semplice. Ma giusto per avere un’idea si consideri un atomo di uranio U-235 (92 protoni, 143 neutroni). Quando lo si colpisce con un neutrone si crea l’uranio U-236 che ha una vita talmente breve da dividersi in due atomi pi?piccoli, in modo tale da sprigionare una buona dose di energia e altri neutroni, che colpendo altri atomi di uranio U-235 innescano un processo a catena; fermo restando che è necessario controllare la quantit?di neutroni liberi presenti (a questo punto si comprende cosa ?la bomba atomica: una reazione incontrollata di questo tipo). Quantità controllata mediante “control rods”, cio?superfici particolari in grado di assorbire neutroni.
Quando si parla di centrale nucleare non si pu?sorvolare sul problema delle scorie. Per come sono fatti oggi gli impianti nucleari la quantit?di scorie prodotte cresce troppo in fretta. Infatti, proiezioni precise considerano necessario costruire un deposito (come quello di Yucca Mountain) ogni 20 anni. Ma è chiaro che non si pu?reputare accettabile una soluzione del genere. E mentre si discute sulle possibili soluzioni al problema, la ricerca sui reattori di quarta generazione va avanti. Il perché èpresto detto. Con questi nuovi reattori la quantit?delle scorie sar?decisamente minore e non paragonabile a quella attuale, a causa del fatto che il “combustibile spento” potràessere riutilizzato anche quando il primo processo di fissione è terminato. Ciò comporta che l’uranio viene sfruttato in maniera maggiore, producendo, partendo dalla stessa quantit?di materia prima, un minor numero di scorie. Se poi si pensa che all’uranio pu?essere sostituito il torio, allora il gioco èquasi fatto. Il pericolo delle scorie non ?tanto l’eccessivo numero quanto la radioattività dei materiali contenuti al loro interno. Plutonio e attinidi minori sono sostanze la cui radiotossicit?diventa nulla in milioni di anni. Ma se al posto dell’uranio si usa il torio, gli elementi nocivi di cui sopra non vengono prodotti e la pericolosit?relativa a radiazioni diminuisce fino a due centinaia di anni. Il che ?un grosso passo in avanti. Non per altro questa soluzione è stata proposta anche dal professor Rubbia, celebre premio Nobel per la Fisica.
A questo si pu?aggiungere che “se utilizzato in luogo di un impianto a carbone a ciclo supercritico, un impianto nucleare da 1 GW permette di evitare l’emissione di oltre 6 milioni di tonnellate di CO2 all’anno” (Rapporto Enea).
Due ultimi dati:
1. “Le proiezioni internazionali (ETP 2008) indicano che il nucleare sarebbe in grado di contribuire per circa il 6% alla riduzione delle emissioni globali del settore energetico e per una quota compresa tra il 19% e il 23% (30% negli scenari pi?ottimistici) alla produzione di elettricità”
2. “Alcuni numeri per stabilire un confronto. Oggi un impianto prototipo funzionante CSP(solare a concentrazione ad alta temperatura) di 64 MWatt (Nevada 1, negli USA, ma con capitali spagnoli) costa circa 230 milioni di $ (150 milioni di Euro), è stato costruito in 18 mesi e, grazie all’elevato rendimento, con una superficie speculare di soli 0.3 km quadrati. Immaginiamo un CSP con accumulo di 7 ore e una potenza di 1.6 GWatt, e cioè 25 volte maggiore, pari ad una futura centrale nucleare EPR. Il costo odierno con il CSP sarebbe 25 x 150 milioni = 3750 milioni di Euro, del tutto confrontabile con l’alternativa nucleare.” (Rubbia)
Insomma, giudicare quasi con pregiudizio che il nucleare non è una valida alternativa gridando quasi ad un male mi sembra eccessivo.
Valutando tutta la questione in chiave scientifica magari ci si rende conto che non è un’alternativa da scartare a priori.
Ps: I dati citati sono tutti tratti da documenti ufficiali.
Per ulteriori informazioni, sul nucleare e non:
http://beta.fisica.uniba.it/cdlf/language/it-IT/Links.aspx
http://www.sd-commission.org.uk/pages/is-nuclear-the-answer.html#nuclearpubs
(*) Studente di Ingegneria delle Telecomunicazioni al Politecnico di Bari