Il 15 novembre 1960 la televisione italiana apre la sua programmazione al mondo educativo e scolastico attraverso “Non è mai troppo tardi. Corso di istruzione popolare per il recupero dell’adulto analfabeta” che si configurava come un corso di alfabetizzazione per adulti realizzato con il Ministero della Pubblica Istruzione. Il programma, curato da Oreste Gasperini, Alberto Manzi e Carlo Piantoni e prodotto dalla Rai, andava in onda dal lunedì al venerdì su quello che veniva chiamato Secondo Programma. In diretta dagli studi della Rai di Torino, Alberto Manzi, in qualità di conduttore, si faceva portavoce di un bisogno impellente nell’Italia del dopoguerra, bisognosa di una risposta immediata ai bisogni e alle esigenze in termini di alfabetizzazione dell’intera popolazione.
Alberto Manzi, appassionato di psicologia e didattica, si è dedicato all’insegnamento elementare fino al 1977 e alla pubblicazione di sue riflessioni pedagogiche tramandateci attraverso sussidiari, libri di letture, diari scolastici, racconti, romanzi, fiabe, traduzioni e testi scientifici.
“Non è mai troppo tardi”, in programma dal 1951 al 1968, era un primo risultato di collaborazione tra televisione e radio. In tale programma Manzi metteva a disposizione tutto il suo sapere psico-pedagogico, in un’ottica di rinnovamento culturale italiano di cui si facevano portavoce anche don Lorenzo Milani con il suo motto “I Care” e Mario Lodi.
Si trattava di una vera e propria trasmissione televisiva rivolta a milioni di spettatori privi di un corretto e opportuno percorso scolastico nel panorama culturale di un’Italia uscita dal conflitto mondiale.
Attraverso un approccio formativo personalizzato, Manzi riusciva a garantire gli obiettivi di educatore desideroso di promuovere una crescita collettiva, senza limiti di estrazione sociale o di età. Alla luce della sua immensa esperienza scolastica, Manzi conduceva le sue lezioni in diretta televisiva, aprendo la strada a un metodo di insegnamento innovativo, completamente attuale, basato su un attenzione particolare al singolo discente, che veniva motivato ad imparare attraverso sussidi didattici come supporti audio, dimostrazioni pratiche, disegni.
Il successo del programma del “Maestro degli italiani” – come è stato poi nominato – fu tale che, negli anni successivi, il metodo è stato imitato da tutti i paesi del mondo nella speranza di uno stile di vita migliore.
Da questo esperimento, risultava evidente quanto la stessa televisione svolgesse un ruolo di primo piano all’interno della sfera sociale: non solo, quindi, mero strumento di fruizione di film ma anche momento di condivisione e di socialità, di formazione e di trasmissione di valori.